Global Home Index: Assindatcolf partecipa alla presentazione del rapporto - ASSINDATCOLF
:

Global Home Index, presentazione del I Rapporto su casa e lavoro domestico

Dove e quando

30 maggio 2017, via M. Caetani 32 – Roma

Contatti

Per ricevere maggiori informazioni

Presentazione del resoconto preliminare del Global Home Index, uno studio che compara 20 paesi di 5 continenti sul modo in cui è considerata la casa ed il lavoro domestico nella società. L’obiettivo dell’iniziativa e del rapporto, ideato e curato dalla Home Renaissance Foundation, in collaborazione in Italia con la Fondazione Alberto Sordi, è quello di gettare le basi per la definizione di politiche pubbliche volte ad accompagnare le nuove dinamiche familiari.

Qui di seguito alcuni passaggi dell’intervento pronunciato in occasione del convegno dal segretario nazionale Assindatcolf, Teresa Benvenuto.

Casa e lavoro domestico. Sono le parole chiave di questa importante ricerca ma sono anche il cuore e la mission della realtà che rappresento: Assindatcolf è, infatti, l’associazione che a livello nazionale rappresenta i datori di lavoro domestico, ovvero tutte quelle famiglie, oltre 2 milioni, che per curare la propria casa, per badare ad un figlio o ad un genitore anziano (e magari anche malato) si affidano ad una persona esterna alla famiglia stessa.

Ad una prima analisi, quindi, la prospettiva da cui la mia associazione si accosta al tema dei lavori domestici potrebbe sembrare distante da quella che caratterizza questa ricerca, perché noi parliamo in qualità di datori di lavoro. Potrebbe sembrare ma in realtà non è esattamente così. A parlare sono i numeri, partiamo da quelli che descrivono quante ore a settimana vengono dedicate ai lavori di casa: complessivamente l’indagine disegna una realtà trasversale, nella quale i lavori domestici sono più direttamente appannaggio delle donne, che dedicano alla cura della casa tra le 14 e le 23 ore a settimana, molto più degli uomini che, invece, sono operativi tra le 6 e le 16 ore. Se entriamo più nello specifico, però, provando a guardare al di là delle differenze di genere, possiamo trarre anche un’altra importante evidenza: tra le realtà presenti nello studio, l’Italia è uno dei paesi in cui meno ci si dedica ai lavori di casa e questo vale sia per le donne che per gli uomini. Nel nostro paese le donne mediamente si occupano della casa solo per 9 ore a settimana, contro gli uomini che ne dichiarano 6. In nessun altro paese tra quelli che oggi vengono presentati le donne sono meno presenti. Si tratta, quindi, di un ‘primato’ in negativo se così si può definire ma che, per essere compreso ha bisogno di alcune considerazioni. Per prima cosa, partendo dal presupposto che i bisogni domestici non possono essere ignorati (perché non si può far finta che un figlio non esista o peggio ancora, il genitore anziano), vale il semplice ragionamento che qualcuno deve necessariamente occuparsene. Ma se non lo fanno i componenti della famiglia perché impegnati nel lavoro o non si può contare sulla risorsa ‘nonni’, allora chi ci pensa? Ecco che entrano in gioco i domestici di professione, ovvero le colf, le badanti e le baby sitter. In Italia parliamo di un piccolo ‘esercito’ di circa 2 milioni di lavoratori ai quali quotidianamente (ad ore o in regime di convivenza) le famiglie scelgono di affidare alcuni aspetti della vita familiare: la gestione della casa o dei proprio cari.

Demandare non significa, però, che vi sia una completa rinuncia ad occuparsi della casa. Al contrario, si può affermare piuttosto che gli italiani scelgono di affidare a terzi alcuni compiti (spesso si tratta le faccende più ostiche), continuando ad occuparsi direttamente di alcuni aspetti particolari della vita familiare. Ed i risultati di questa ricerca, sebbene ancora parziali, sembrerebbero confermare quanto vado affermando. Prendiamo il caso del cibo: un’alta percentuale di nostri connazionali dichiara di preparare in casa le pietanze che porta in tavola e di consumare almeno un pasto in famiglia. Non è un caso che tanta importanza venga attribuita alla preparazione e alla condivisione del cibo, poiché da sempre, attorno alla tavola si costruisce la famiglia. E ancora, scegliere di ricorre a personale esterno, ovvero a domestici di professione, non significa assolutamente non avere cura della famiglia, è vero semmai il contrario: è proprio per l’alta considerazione che gli italiani hanno della casa che scelgono di affidarsi a dei professionisti del settore. L’obiettivo è quello di svolgere ad arte le faccende che altrimenti non si avrebbe il tempo di fare per bene, magari anche a causa di un lavoro esterno che occupa gran parte della giornata. Oggi giorno, infatti, non vale più la semplicistica equazione  ‘lavoro domestico = elite’. Al contrario, parlare di questi temi significa raccontare la vita di tutti, di uno spaccato variegato, una sorta di micro cosmo fatto di cose e di persone. Ecco perché condividiamo il presupposto che da cui muove questa ricerca, ovvero che nella casa convivono il presente ed il futuro, quello che siamo e quello che possiamo diventare, la salute, la crescita umana e professionale. Un fenomeno ‘globale’, come qui viene giustamente definito, che in un modo o in un altro ha a che fare con la vita di tutti, a  livello trasversale, anche oltrepassando i confini nazionali.

Così importante ma allo stesso tempo anche così invisibile. Si perché le conclusioni di questa ricerca parlano chiaro e confermano quello che anche la nostra associazione sostiene da sempre: lo scarso valore sociale che viene attribuito al settore, non solo quando riguarda il ménage familiare ma anche quando diventa un lavoro. Come se si trattasse di ripiego, di un’occupazione di serie b da fare senza alcun tipo di formazione professionale o quando non si trova di meglio a cui dedicarsi. Un’idea questa, molto radicata nell’immaginario collettivo, in grado di generare non irrilevanti ripercussioni nella società: lavoratori (per scelta o per necessità) che troppo spesso operano nel mercato del lavoro nero, senza diritti e senza doveri. Un milione di invisibili ci rivelano le stime. Dall’altra parte ci sono, poi, le famiglie che, proprio a causa di questo paradosso, hanno difficoltà a selezionare personale che sia davvero preparato ad affrontare i compiti per cui si candida.

E lo Stato che fa? Parliamo di politiche pubbliche. In un paese sempre più anziano, nel quale si allungano le prospettive di vita ma aumentano anche povertà e diseguaglianze (sono gli ultimi e recentissimi dati dell’Istat), il tema del welfare dovrebbe essere centrale.  Al contrario però, nel corso degli anni abbiamo assistito ad un graduale allontanamento delle politiche pubbliche, con interventi una tantum, non in grado di affrontare in modo strutturale i cambiamenti demografici in atto. Le persone sono state quindi costrette ad autorganizzarsi per supplire alle carenze del pubblico. Le famiglie hanno dovuto rimboccarsi le maniche, dando vita ad una sorta di welfare alternativo, ‘fai da te’: stiamo parlando di un sistema in cui la famiglia è necessariamente costretta ad assumere un domestico, una badante o una baby sitter. Ovviamente quando le condizioni economiche lo consentono, altrimenti i ‘panni’ si lavano in casa, con i figli adulti obbligati ad accudire genitori anziani e malati (che magari con la loro pensione sono anche l’unica fonte di reddito in casa), o con mamme che rinunciano al lavoro e alla carriera per occuparsi della prole. In un caso specifico, quello dei parenti anziani e malati, parliamo dei cosiddetti caregiver. Una figura tanto antica quanto nuova dal punto di vista legislativo e che speriamo possa presto trovare il consenso che merita in Parlamento.

In tutti casi, si tratta di un impegno dal valore innegabile ed incommensurabile, economico e sociale. Per questo ci sentiamo di sposare appieno gli obiettivi della Global Home Index: l’esigenza di accendere i riflettori su un settore fondamentale per la vita di tutti i noi, sollecitando le istituzioni a farsene direttamente carico.

Pur non avendo la presunzione di riuscire a risolvere la questione con la bacchetta magica, dal nostro punto di vista abbiamo elaborato un pacchetto di proposte che, se trovassero attuazione anche in modo graduale, potrebbero avere come effetto quello di sollevare le famiglie da un peso (anche economico) che oggi grava tutto sulle loro spalle. Il tema è quello delle agevolazioni fiscali. Attualmente sono due le opzioni che un datore di lavoro ha a disposizione in sede di dichiarazione dei redditi: la parziale deduzione dei contributi versati all’Inps a favore del lavoratore per un massimo di 1549,37 euro e la detrazione di circa 400 euro (il 19% di 2.100 euro) solo per chi si affida alle cure di una badante ed ha un reddito annuo che non supera i 40 mila euro. Non serve un esperto di numeri o un commercialista per capire che, ad oggi, le agevolazioni fiscali a disposizione delle famiglie datrici di lavoro domestico sono assolutamente insufficienti.

Per tale motivo, da qualche anno a questa parte, chiediamo al Governo e al Parlamento di riconoscere la totale deduzione del costo del lavoro domestico. Una misura che consentirebbe alle famiglie ingenti risparmi (dai 2 ai 5 mila euro l’anno) e che, al contempo, potrebbe anche attivare un circuito virtuoso sul fronte dell’occupazione: più posti di lavoro e meno irregolari. Se le famiglie potessero, infatti, dedurre tutti i costi che sostengono per pagare colf, badanti e baby sitter (contributi e stipendio, che rappresenta la voce di spesa maggiore) sarebbero indubbiamente incentivate ad assumere in modo regolare, piuttosto che ricorrere a personale in nero nella speranza di risparmiare qualcosa. Ma al di là dell’opportunità economica, si tratterebbe di una misura che potrebbe finalmente restituire al settore la dignità che merita.

Mi sia, infine, consentita un’ultima riflessione. Per invertire la tendenza c’è anche bisogno di uno scatto culturale. Bisogna sensibilizzare al tema della formazione degli operatori di un settore ancora troppo basato sul passaparola e sulle esperienze di vita diretta. Per questo motivo, come associazione che rappresenta le famiglie, stiamo organizzando insieme agli Enti Bilaterali, corsi di formazione gratuita per qualificare il lavoro del personale domestico. Perché la cultura, anche e soprattutto nella casa, può davvero fare la differenza.

In conclusione, sono convinta che i risultati che emergono da questa indagine possano davvero contribuire a delineare una strada che porti alla costruzione di un Welfare nuovo, con la lettera maiuscola. Per farlo è necessario, però, trovare un equilibrio tra tanti fattori che oggigiorno caratterizzano la vita delle persone: la casa, il lavoro, la famiglia. Una società del benessere al passo con i tempi non può prescindere da un concetto fondamentale, quello dell’integrazione. Per funzionare bene le cose devono essere integrate, devono potersi parlare: il welfare statale deve coinvolgere quello aziendale ma anche quello ‘familiare’. Questa, pensiamo sia la principale scommessa su cui lavorare nei prossimi anni per costruire una società più equa e davvero a misura di casa e famiglia.

Teresa Benvenuto

Segretario nazionale Assindatcolf 

Non lasciare al caso la gestione di colf, badanti e baby sitter!

Iscriviti ad Assindatcolf. Sarai sollevato dalle incombenze amministrative e burocratiche legate alla gestione del rapporto di lavoro domestico.